Schede Bonsai

Il termine bonsai è composto da due parole: BON significa vassoio, contenitore, più genericamente vaso; SAI invece significa crescere, educare, coltivare. La tecnica di coltivazione bonsai consiste nel far crescere un albero in un vaso, nel quale devono essere ricreate le migliori condizioni di cui la pianta abbisogna per vivere. Ovviamente l’albero non si svilupperà in altezza e larghezza tanto quanto farebbe in natura, ma crescerà ugualmente, maturerà ed invecchierà dando luogo ai fiori e frutti caratteristici della sua specie, rappresentando così un perfetto paesaggio naturale di dimensioni ridotte. La tecnica del bonsai permette di trasportare comodamente in vasi di pochi decimetri di diametro alberi che in natura occuperebbero spazi ben maggiori. Da dove nacque questa esigenza?

Il concetto di bonsai venne sviluppato nell’antico Oriente, ... continua

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prosegui ... , probabilmente attraverso le figure di medici/erboristi ambulanti, che curavano le popolazioni dei villaggi visitati aiutandosi con erbe mediche e rimedi vari contenuti nelle radici, nelle foglie o nelle cortecce di alberi. Poiché si riteneva che la pianta fosse efficace solo se ancora viva, anziché trasportare le parti potate ed essiccate questi medici dell’antichità portavano con sé l’intero albero, trapiantato in un vaso.

Il medico-erborista doveva tenere in vita il suo principale strumento di lavoro, pertanto quando occorreva prelevarne una parte faceva in modo da non distruggere la corteccia né potare interi rami, ma si limitava ad incidere strisce verticali dal tronco, staccare apici di foglie o potare parti di radici che non compromettessero la vita della pianta. L’effetto complessivo era di vedere curiosi alberi “nani”, vecchi e dall’aspetto contorto, scortecciato o privato di aree fogliari, trasportati in contenitori di pochi decimetri.

Nel tempo le tecniche Bonsai si sono evolute e raffinate, oltrepassando i confini della Cina e del Giappone dove sono nate, ed includendo nella manutenzione della pianta anche il fattore estetico: l’alberello bonsai non deve dare la sensazione di essere sofferente, o di essere stato malamente potato o scortecciato, come avveniva nei secoli passati quando l’utilizzo era ai soli fini terapeutici. Nella cultura giapponese il bonsai è un vegetale che, grazie ad un perfetto ambiente artificiale creatogli attorno su misura, dispone di tutto quel che gli necessita per vivere bene, e per tale motivo non sente più l’esigenza di espandersi tipica della condizione spontanea, quando ad esempio l’albero cresce in altezza per raggiungere prima o più dei suoi “vicini” la luce del sole.

Un buon bonsai è considerato una piccola opera d’arte, e come ogni opera d’arte può essere composto nella maniera più libera e creativa, rispettando tuttavia alcuni capisaldi, che permettono di valutare in maniera oggettiva la qualità di un bonsai.

Le radici devono essere superficiali e disporsi a raggiera intorno al tronco, questo sia per una questione estetica che per un migliore ancoraggio al suolo. Il tronco dell’albero deve essere robusto e conico, ovvero di diametro più largo alla base e progressivamente più stretto verso l’apice della pianta; inoltre deve seguire uno degli stili predefiniti.

I rami devono essere pochi ma ben distribuiti, in modo che l’albero non sembri un groviglio casuale ma una struttura armoniosa dall’aspetto ordinato. Le foglie devono presentarsi integre, non danneggiate né avvizzite, e devono avere un aspetto sano ed un colore vivo, segno del benessere della pianta. I fiori ed i frutti devono essere di dimensione adeguata alla pianta, quindi un bel bonsai (ovvero un bravo bonsaista) deve essere stato capace di ridurre proporzionalmente anche i suoi frutti. Infine, anche il VASO in cui la pianta è contenuta è molto importante: esso svolge lo stesso ruolo che ha la cornice per un quadro, cioè valorizzarlo ed essere in armonia con l’opera, senza però attrarre su di sé tutta l’attenzione. Per questo è importante scegliere con cura materiale, forma e colore del contenitore.

Un bonsai viene classificato anche in base alla sua dimensione, in particolare l’altezza, intesa come la distanza dalla base del tronco fino all’apice della pianta. Fa eccezione il bonsai Kengai, dove i rami possono ricadere più in basso del tronco e del vaso in cui esso è contenuto: in questo caso si misura la distanza tra l’apice superiore e l’apice inferiore. I bonsai possono essere di piccolissime (Mame), piccole (Shohin), medie (Chuugata) e grandi (Ohgata) dimensioni. I Mame bonsai hanno un’altezza massima di 7 cm; possono arrivare fino a 10 cm, in questo caso sono spesso chiamati Mini bonsai, mentre gli Shohin bonsai hanno un’altezza che varia dai 10 ai circa 20 cm. In ordine crescente di dimensione, vi sono poi i Chuugata bonsai: sono alti da 20 a 70 cm, e si possono ulteriormente distinguere in Kifu (fino a 40 cm) e Chuhin (dai 40 ai 70 cm). Infine gli Ohgata bonsai possono raggiungere i 120 cm, tipicamente un grande bonsai non supera il metro di altezza. Una classificazione alternativa e più curiosa si basa sul numero di mani necessarie per spostarli: si parlerà così di “bonsai a una mano”, oppure “a due mani”, per dimensioni da piccolo a medio-grande, fino al bonsai “da un uomo” a “più uomini”, in funzione della quantità di braccia necessarie per il trasporto.

Procurarsi il materiale di partenza per dar vita ad un bonsai non è sempre facile; in giapponese si definisce yamadori il procedimento di andare a raccogliere in natura degli alberelli destinati a divenire bonsai: tali piantine sono dette Araki. Gli araki più adatti sono piantine giovani, in quanto hanno maggiori probabilità di sopravvivenza rispetto a quelle più vecchie, che presentino tronco conico e rami flessibili, e possibilmente che abbiano assunto già una forma curiosa o contorta, magari per via del passaggio di animali che le hanno naturalmente “potate”. Il periodo migliore per la raccolta è l’inizio della primavera. Una volta individuato l’esemplare migliore, va asportato con attenzione, prelevando tutto il panetto di terra contenuto nelle radici, e va trapiantato il prima possibile in un vaso “provvisorio”, che permetta alla pianta di adeguarsi alle nuove condizioni; in questo periodo è importante non esporre la pianta al sole diretto o alle correnti d’aria, non eccedere con le concimazioni e verificare che il terreno non contenga insetti nocivi.

Alla comparsa dei primi germogli, segno che la pianta si è riambientata, si può operare la sostituzione d’apice; l’operazione consiste nel tagliare la parte alta del tronco principale in corrispondenza di un ramo laterale sufficientemente grande, quindi legare il ramo e direzionarlo nel modo desiderato. La pianta continuerà a vivere seguendo la direzione del ramo rimasto, che diventerà provvisoriamente il nuovo tronco portante, almeno fino alla successiva sostituzione.

Per quanto riguarda le foglie, occorre periodicamente effettuare operazioni di defogliazione o di pinzatura. La defogliazione prevede l’eliminazione a circa metà picciolo di tutte le foglie di un ramo; va fatta a primavera inoltrata. In questo modo nasceranno le nuove foglioline all’apice del picciolo, anticipando di una stagione il loro processo vegetativo; il loro percorso di crescita sarà però limitato e dunque la dimensione media delle foglie sarà minore. La pinzatura si può fare in diversi periodi dell’anno, e prevede l’eliminazione dell’apice e delle foglioline terminali di un ramo; anch’essa ha lo scopo di ridurre la dimensione delle foglie nonché di accorciare gli internodi.


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