Innesto a corona
L’innesto è la tecnica più diffusa per propagare in modo agamico le piante da frutto. Essa consiste nell’unire due porzioni differenti per formare un unico individuo. Delle due parti, che prendono ognuna il nome di bionte, una fornirà l’apparato radicale (portainnesto-soggetto), l’altra la parte epigea (oggetto). Generalmente l’innesto si esegue con due bionti, ma si può anche avere il caso di innesto in tre parti diverse (sovrainnesto-reinnesto). Il sovrainnesto è utilizzato in casi particolari, cioè per superare la differenza tra le parti che non permetterebbero la creazione di una continuità vascolare. Il reinnesto viene invece, impiegato per rinnovare una pianta già in produzione con nuove varietà. Gli innesti possono essere classificati in vari modi ed uno di questi, riguarda lo stadio vegetativo dei due bionti in base al quale si avrà: innesti erbacei (soggetto e nesto non sono lignificati), innesti semi-legnosi (portainnesto lignificato, innesto erbaceo)ed innesti legnosi (portainnesto ed innesto sono entrambi lignificati). L’innesto oltre a garantire la continuità dei caratteri genetici come tutti gli altri sistemi di propagazione agamica, offre molti altri vantaggi che ne giustificano la grande diffusione. I più importanti sono: la possibilità di scegliere tra vari portainnesti; adattare la pianta al tipo di terreno ed al clima; regola di taglio della pianta per dare vigore alla chioma; prevenzione delle malattie; ed infine, agevola il rinnovamento delle varietà dei frutteti quando questi esauriscono il loro periodo vegetativo evitando la soppressione ed il conseguente nuovo reimpianto. Tra i vari tipi di innesti ci soffermiamo sulla descrizione dettagliata dell’innesto chiamato”a corona”.
L’innesto a corona è utilizzato sia per reinnestare piante adulte a dimora che piante giovani in vivaio. Il numero di marze (rami acuminati) da utilizzare quindi, è strettamente legato al diametro del tronco o delle branche ed al numero di rami che si vorranno far sviluppare. Rispetto all’innesto a triangolo quello a corona pone meno problemi di aderenza soggetto-nesto. Ma essendo eseguito prevalentemente in un periodo più avanzato (marzo-aprile-maggio), in quanto è fondamentale che il portainnesto sia in “succhio”, le marze avranno alla fine della vegetazione uno sviluppo più limitato. L’innesto a corona è comunque da preferirsi per le drupacee, perché limita l’emissione di gomma conseguente ad incisioni profonde; e si fa preferire agli innesti a triangolo che magari nei mesi precedenti non hanno avuto un esito positivo. Questa tecnica è molto diffusa per rivitalizzare ed ampliare la produttività di piante da frutto come il susino, l’albicocco, il mandorlo ed il ciliegio.
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Prima di iniziare questa tecnica, il soggetto deve essere tagliato un poco sopra il punto scelto per l’innesto. Questa operazione, eseguita per tempo durante il riposo vegetativo andrà ripetuta prima dell’innesto con l’asportazione di quella porzione lasciata con il primo taglio. Lungo la circonferenza, dove andranno inserite le marze si opereranno dei tagli leggermente inclinati, per predisporre i piani di appoggio delle marze. Quest’ultime ricavate da rami di circa un anno, ben lignificate e non ancora in vegetazione (è preferibile raccoglierle nel periodo invernale e conservarle in frigo), si preparano con una prima incisione a 3 centimetri dalla base, perpendicolare all’asse e leggermente inclinata dall’esterno all’interno in modo che interessi circa i due terzi del diametro del tronco. Per tutto questo spessore si asporterà il legno tagliandolo longitudinalmente in modo che la base della marza risulti a “becco di clarino”. Dalla parte diametralmente opposta a questa, appena sagomata, si asporterà per 1 o 1,5 centimetri solo la corteccia senza intaccare il legno.
La strada che conduce al completamento dell’innesto a corona prevede altri piccoli ma non meno importanti passi. Si cercherà quindi di scollare sul portainnesto, dove erano già stati predisposti i piani leggermente inclinati, la corteccia dal legno. In questa sede poi si infilerà la marza, appoggiandola al soggetto sulla prima incisione orizzontale. Se l’operazione di “scollamento” della corteccia fosse un po’ difficoltosa si può praticare un’incisione verticale lunga come la parte sagomata della marza. Quando quest’ultima è inserita i lembi di corteccia del soggetto vanno addossati, il punto di innesto legato e come per tutti i tipi di innesto le superfici libere coperte con il mastice. La legatura del punto di innesto può essere eseguita anche prima dell’inserimento della marza. In questo modo si garantisce che la corteccia scollata dal soggetto non si laceri durante l’inserzione delle marze. Per le piante drupacee la tecnica di innesto a corona viene praticata per l’albicocco nel mese di febbraio-marzo; per le susine nei mesi di maggio-giugno; per il ciliegio il periodo migliore è invece quello compreso tra marzo ed aprile; infine per il mandorlo avendo un portainnesto con buone caratteristiche produttive il periodo più adatto va da aprile a maggio anche se, avendo una produttività precoce fa si che già nella prima decade del mese di marzo si può effettuare l’operazione di innesto. Infine una nota va dedicata ai terreni adatti per l’innesto a corona nelle drupacee che deve essere di impasto medio, fresco, immune da ristagni di acqua quindi con totale assenza di calcaree a cui il mandorlo è suscettibile; tuttavia la percentuale di calcaree in quest’ultimo non deve superare mai la soglia del 5%.
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