Fico d'india
Il nome fico d'India indica comunemente la specie Opuntia ficus-indica, la più nota e diffusa varietà appartenente alla famiglia delle Cactacee. Le piante relative a questa famiglia, che comprende circa un migliaio di specie, sono più comunemente conosciute come piante grasse, sottolineando così, con tale termine, le particolari caratteristiche di questo vasto gruppo di vegetali. Anche il fico d'India, per sopravvivere, si è dovuto adattare a condizioni di clima e suolo alquanto sfavorevoli, essendo prevalentemente distribuito nelle regioni molto calde e secche. Di conseguenza questa pianta non necessita di irrigazioni, in quanto riesce a coprire il proprio fabbisogno idrico autonomamente in qualunque situazione. Al contrario, bisogna prestare molta attenzione ai ristagni idrici che possono far marcire l'apparato radicale.
Il fico d'India è una pianta grassa che si caratterizza per il fusto carnoso rivestito da uno spesso tessuto epidermico quasi privo di stomi, in questo modo si riduce al minimo la traspirazione e l'evaporazione dell'acqua. I tessuti interni, invece, sono spugnosi e ricchi di liquidi. Il fusto ha in genere una forma colonnare, mentre le foglie carnose e ricoperte di spine sono appiattite a forma di spatola. Il fico d'India ha l'apparato radicale notevolmente sviluppato per favorire la ricerca dei liquidi nel terreno. Questa pianta grassa è fra tutte le specie quella più nota in Italia, essendosi naturalizzata con pieno successo nell'Italia meridionale, in Liguria e in Sicilia. Ha un carattere infestante in quanto si riproduce facilmente e tende a rimpiazzare le varietà locali: di conseguenza è bene fare attenzione quando la si coltiva in giardino.
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Il fico d'India, nonostante il nome, è una pianta originaria del Messico: può essere di varie dimensioni. Ad esempio gli esemplari prostrati sono piccoli, mentre quelli arborescenti e legnosi si caratterizzano per il grande sviluppo di rami compressi, spinosi e carnosi. Ogni segmento è verde e quindi è capace di fotosintesi: è punteggiato da piccole areole che rappresentano le zone su cui spuntano i fiori. Questi, grandi e generalmente appariscenti perché vivacemente coronati, si aprono sulla parte superiore e marginale di ogni singolo segmento. Hanno la corolla giallo-aranciata a numerosi petali, che racchiudono al centro numerosi stami. Il frutto del fico d'India è una grossa barca ovale, succosa e contenente moltissimi piccoli semi dal caratteristico colore dell'albicocca. Oltre che come pianta spontanea, il fico d'India viene coltivato per i frutti e come specie ornamentale. Necessita di pochissime cure e si sviluppa bene soprattutto in terreni leggeri, ben drenati, acidi o neutri. Non deve essere concimato.
Il fico d'India è molto apprezzato perché in certe situazioni svolge una valida azione frangivento e dissodatrice di terreni troppo duri e compatti. Infatti si caratterizza per un apparato radicale estremamente sviluppato, che penetra a notevoli profondità nel substrato. Si tratta di una pianta che può essere sensibile alle malattie fungive e ai parassiti: le specie di cocciniglia Dactylopius, ad esempio, immettono nel fico d'India un principio attivo fitotossico attraverso la saliva Invece le larve della farfalla del cactus scavano mine nelle foglie carnose, provocandone l'ingiallimento. Un altro parassita pericoloso è la mosca mediterranea della frutta, che colpisce prevalentemente i frutti della pianta durante l'autunno, facendoli marcire. Anche le vespe sono insetti che possono danneggiare gravemente i frutti del fico d'India. Infine è necessario prestare molta attenzione ai ristagni idrici, perché causano la proliferazione di funghi e marciumi. Infine la Botryosphaeria ribis provoca il cancro gommoso e lesioni umide sul fusto: così l'esemplare deperisce progressivamente.