Le phalaenopsis, in particolare i loro ibridi, sono le orchidee che si trovano più comunemente in commercio. La loro coltivazione è molto semplice visto che si adattano molto bene alla vita d’appartamento. Con poche cure è possibile mantenerle belle e vederle fiorire nuovamente, anno dopo anno, e ottenendo tra l’altro anche dei nuove piantine.
Le Orchidee Phalaenopsis genere di circa 15 specie di orchidee sempreverdi, epifite, originarie dell'India. dell'Indonesia, delle Filippine della Nuova Guinea e dell'Australia settentrtonale
Le phalaenopsis sono piante appartenenti alla famiglia delle Orchidiaceae. Sono originarie delle zone tropicali e in particolare delle foreste pluviali del Sud-est asiatico e dell’Oceania. Si tratta di vegetali epifiti: ciò significa che le loro radici non affondano nel terreno, ma si aggrappano a tronchi o rocce. L’acqua, invece, deriva direttamente dalle piogge o dall’umidità atmosferica. L’ambiente in cui crescono infatti è caratterizzato da temperature molto alte, piogge frequenti e abbondanti, ma brevi, e dalla forte presenza di umidità nell’aria.
Un tempo erano piante destinate soltanto ai cultori, ma, vista la loro bellezza, in Asia, negli USA, in Germania e in Olanda si è a lungo studiato per creare degli interessanti ibridi caratterizzati da facilità di coltivazione e un’ampia gamma di colori e dimensioni.
Le foglie, da 2 a 6, sono grandi, lucide, spesse e carnose, di color verde vivace. Sono l’unico organo deputato all’immagazzinamento dell’acqua, visto l’assenza degli pseudobulbi (che assolvono a questo compito in altre tipologie di orchidee). Generalmente sono larghe circa 10 cm e lunghe circa 30, a maturità, ma alcune tipologie possono averle lunghe anche fino a 50. Si sovrappongono orizzontalmente una all’altra, opposite, con al centro il colletto, dal quale si dipartono i fusti e poi gli steli.
Le radici sono carnose, vellutate e molto numerose. Il colore è verde da bagnato per diventare argenteo mano a mano che si asciugano.
Le specie sono circa 60 mentre gli ibridi sono più di 10000.
Il nome phalaenopsis significa letteralmente “che assomiglia ad una farfalla” fu assegnato loro dal botanico Karl von Blume nella prima parte del 1800.
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Sono su un fusto breve e sono dense, larghe, succulenti da oblungo-lanceolate a nastriformi disposte su 2 file.
ai lati del vaso o del paniere si attaccano radici aeree lunghe.
Famiglia e genere |
Altezza/larghezza | Fino a 60 cm/fino a 30 cm |
Manutenzione | semplice |
Bisogno d’acqua | Medio-basso, acqua demineralizzata |
Crescita | lenta |
Rusticità | Poco rustica (temperatura minima 10°C) |
Esposizione | Molto luminosa, no luce diretta |
Utilizzi | Pianta da appartamento, da balcone o da veranda |
Concimazione | Ogni 15 giorni |
Substrato | Inerti di vario tipo (bark, argilla espansa, polistirolo, perlite) |
Umidità del suolo/aria | Medio-alta |
Parassiti e malattie | Afidi, chiocciole, marciumi radicali e del colletto |
La coltivazione di queste orchidee è piuttosto semplice e, soprattutto per gli ibridi, è davvero alla portata di tutti.
Laterali, brevi o lunghe, erette o pendule, spesso ramificate, portano fiori di forma variabile, adatti nella maggior parte delle specie per essere recisi, in quanto molto durevoli.
Come farla rifiorire?Le phalaenopsis fioriscono tendenzialmente in inverno, dopo che si è prodotto uno sbalzo termico negativo. Per ottenere la produzione di un nuovo stelo è quindi importante porre la pianta durante la notte ad una temperatura di circa 16°C per la durata di almeno una settimana (ma in alcuni casi ci si può spingere fino ad un mese). Contemporaneamente si somministra un concime più ricco in fosforo e potassio.
Le Orchidee Phalaenopsis sono facili da coltivare in serra calda e umida; nei mesi invernali necessitano di posizioni calde e umide alla temperatura minima di 15°C. Nelle giornate calde, da aprile a ottobre, si ventila e si ombreggia la serra.
Si coltivano su porzioni di corteccia, con il rizoma avvolto da fibra di osmunda o in panieri riempiti con un miscuglio di 2 parti di fibra di osmunda e una parte di sfagno.
Il terriccio per orchidee che si trova in genere in commercio non è adatto alla coltivazione delle phalaenopsis (a meno che non sia reperito in vivai specializzati). Queste infatti vogliono un materiale molto drenante e praticamente inerte, capace di mantenere l’umidità, ma senza causare marciumi. Si usa comunemente quello che viene denominano “bark” cioè corteccia di conifere. Possiamo prelevarla in natura o acquistare quella nei sacchi. È però importantissimo, per evitare parassiti o marciumi, e anche renderla più morbida e permeabile ai liquidi, sterilizzarla bollendola a lungo.
Vi sono però anche altre ottime alternative: argilla espansa, polistirolo, perlite, sfagno, gommapiuma. Queste ultime aiutano a trattenere più umidità nel caso in casa nostra fosse quasi sempre sotto il 70%. Ricordiamoci sempre, però, che i pezzi più grandi (di circa 3-4 cm di lunghezza) devono sempre stare sul fondo, mentre i più piccoli verso l’alto. In questa maniera sarà favorito lo sgrondo delle acque e eviteremo l’insorgere di marciumi.
Durante il periodo di crescita si annaffiano abbondantemente e si somministra un concime liquido ogni mese. Quando le piante sono in riposo, da novembre a marzo, si tiene appena umida la composta, non è sano ombreggiare la serra.
È l’aspetto forse fondamentale per mantenere in salute le nostre phalaenospsis. Amano l’umidità, ma le irrigazioni troppo frequenti sono la causa più frequente della loro morte. È , prima di procedere, attendere che le radici appaiano argentee. Il metodo migliore per reidratarle è per immersione: inseriamo il vaso in un contenitore riempito di acqua, in maniera che il livello arrivi almeno a metà. Aspettiamo circa mezz’ora, estraiamo e lasciamo scolare molto bene. Si può chiaramente irrigare anche dall’alto. Questo metodo, però, raramente consente di idratare in maniera omogenea tutto il substrato; inoltre si corre il rischio di bagnare la zona del colletto, dove le muffe attecchiscono facilmente.
Le orchidee, oltre a questo, vogliono sempre un alto tasso di umidità ambientale, almeno del 70%. Ciò permette alle foglie di mantenersi turgide. Possiamo ottenere ciò vaporizzando più volte al giorno le foglie (evitando il colletto), usando umidificatori elettrici o ponendo nelle vicinanze dei vassoi pieni di argilla espansa e acqua.
Per tutte le operazioni è però importantissimo impiegare esclusivamente acqua demineralizzata. Troppo calcare o altri sali, possono, a lungo andare, ostruire le radici e gli stomi delle foglie. Ottima è l’acqua per il ferro da stiro; possiamo anche raccogliere quella piovana (evitando la prima dopo lunghi periodi di siccità: risulterebbe carica di inquinanti).
ogni 2-3 anni, in marzo. Si consiglia di rinvasare le orchidee ogni primavera. Si può però procedere in qualsiasi periodo dell’anno, specialmente se si nota la comparsa di marciumi a livello radicale. Può essere anche una buona idea effettuarlo subito dopo l’acquisto visto che molto spesso i rivenditori (specie i supermercati) le inseriscono in contenitori troppo piccoli e con un substrato di scarsa qualità (irrigando poi senza criterio). In questa maniera potremo monitorare da subito le condizioni dell’apparato ipogeo e eventualmente porre rimedio.
Si procede in primo luogo bagnando bene il substrato: in questa maniera le radici diventeranno più morbide e si riusciranno ad estrarre senza causar loro dei danni (da asciutte sono molto fragili). Si stacca tutto il substrato al quale risultino ancorate. In seguito, con delle forbici disinfettate alla fiamma o con candeggina, si eliminano tutte le porzioni che risultino morte o compromesse. Si reinserisce il tutto nel vaso (anch’esso disinfettato). Irrighiamo aggiungendo all’acqua un prodotto per prevenire e curare i marciumi (propamocarb o fosetil-alluminio). Volendo possiamo mescolare al substrato mezzo cucchiaino di cannella, ottima anch’essa per prevenire le affezioni radicali.
I contenitori migliori sono i vasi di plastica trasparente, con grandi fori di scolo sul fondo. Evitano un’eccessiva traspirazione e permettono di monitorare lo stato dell’apparato radicale. Molto interessante però è anche la creazione delle cosiddette “zattere”.
in maggio si dividono i cespi delle Orchidee Phalaenopsis e si piantano nella composta descritta in precedenza. Si tengono le piantine in posizioni ben ombreggiate e si annaffiano moderatamente, fino a quando non si sono formate le radici nuove; dopo questo periodo si trasferiscono le piante in zone meno ombreggiate e si annaffiano regolarmente.
IL CALENDARIO DELLE PHALAENOPSIS |
Rinvaso | Marzo (tutto l’anno in caso di emergenza marciumi) |
Periodo di riposo, induzione alla fioritura | Da novembre-dicembre |
Concimazione azotata | Marzo-aprile |
Concimazione equilibrata | Aprile-ottobre |
Concimazione + fosforo-potassio | Novembre-dicembre |
Fioritura | Gennaio-febbraio (ma anche in altri periodi, a seconda dell’ibrido e delle temperature) |
Taglio dello stelo | Da aprile a giugno |
Originaria delle Filippine.
Fusti alti 15 cm.
I fiori, larghi 5 cm riuniti in spighe lunghe fino a 60 cm sbocciano in maggio-giugno; hanno tepali giallognoli con strisce trasversali rosso-brune e labello bianco, con lobi laterali stretti e lobo centrale porpora-ametista vivo, a margini più chiari
sin. Phalaenopsis equestris: originaria delle Filippine.
Le foglie verde vivo, lunghe 20 cm,
fusto fiorifero ramificato, lungo fino a 60 cm.
I fiori, larghi 4 cm, sbocciano in vari periodi dell'anno, generalmente fra febbraio e ottobre; hanno tepali bianchi, soffusi di rosa, labello a lobi laterali rosa-porpora chiaro, con strisce più scure, e lobo centrale rosa-porpora, marrone alla base.
Le phalaenopsis per crescere bene, e soprattutto per fiorire, necessitano di molto luce. Questa però non deve mai essere diretta. Crescono ottimamente in stanze con grandi finestre possibilmente esposte a Sud, dove la luce sia intensa e arrivi per molte ore al giorno. Per evitare però scottature fogliari è consigliato, soprattutto da metà primavera a metà autunno, schermarle con delle tende leggere di colore chiaro.
Queste orchidee provengono dalle foreste pluviali tropicali. Necessitano di conseguenza di temperature sempre piuttosto alte. Cominciano a soffrire già quando si trovano a meno di 14°C e i primi danni si manifestano quando si scende sotto i 10°C. Il clima ideale vi è quando ci si ci attesta tra i 20 e i 27°C. Il caldo generalmente non è un problema, sempre che l’umidità ambientale e la circolazione d’aria risultino abbondanti.
Le orchidee vivono in un substrato praticamente privo di qualsiasi tipo di nutriente. La concimazione è perciò essenziale per ottenere una vigorosa crescita vegetativa e la produzione di steli fiorali. Bisogna acquistare prodotti specifici perché privi di elementi (quali calcio e cloro) molto dannosi per questi vegetali.
In linea generale in primavera si preferisce somministrare un alto titolo di azoto. Durante il resto dell’anno si usa una formulazione più equilibrata, tranne che all’arrivo dell’autunno, quando si aumenterà l’apporto di fosforo e potassio per indurre (in concomitanza con l’utile sbalzo termico) la produzione fiorale.
Sono quasi tutte formulazioni idrosolubili, da somministrare dopo aver ben bagnato le radici così che non causare “bruciature”.
Una volta che le infiorescenze sono appassite si può decidere di tenere lo stelo pulendolo dalle corolle oppure di tagliarlo alla base. Nel primo caso la pianta potrebbe produrvi nuovi boccioli (generalmente più piccoli dei precedenti) e eventualmente di keiki (nuove piantine che possono essere staccate e trattate esattamente come la madre), oppure lasciarlo seccare.
Nel secondo caso vi sarà la produzione di un nuovo fusto dalla parte bassa.
I parassiti più frequenti sono gli afidi: si trattano con insetticidi specifici.
Le piante tenute all’aperto sono facili prede delle lumache. Proteggiamole ponendole in alto durante la notte o usando trappole o prodotti specifici.
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