Cactus
La parte in ombra del cactus spesso tende a ingiallire e indebolirsi: in pratica, si rivela più sensibile agli attacchi dei funghi e alle scottature. Ciò spiega la ragione per cui il cactus deve essere girato periodicamente, così che ogni lato riceva la stessa quantità di luce. Allo stesso modo, si favorisce, così, una crescita uniforme. Bisogna prestare attenzione, d’altra parte, anche a una insolazione eccessiva, che potrebbe provocare un blocco della crescita e la comparsa di un colorito rossiccio. Altro pericolo in vista è quello dell’eziolatura, tipico della collocazione in un ambiente non adatto. Prima della primavera, le alte temperature possono favorire la ripresa vegetativa di alcune specie, che iniziano ad avere un apice vegetativo pallido a causa della scarsità di luce, dovuta per esempio alle giornate invernali o alle finestre chiuse per troppo tempo. Succede, quindi, che la pianta cominci a filare o eziolare, vale a dire a prendere una forma affusolata e un colore giallognolo: nel caso in cui la crescita non venga immediatamente frenata, il cactus risulterà rovinato in maniera irrimediabile, anche sotto il profilo estetico, visto che, nel momento in cui riprenderà a crescere normalmente se riportato in esterno, resterà una strozzatura in corrispondenza dell’eziolatura. Non solo: la parte chiara si rivelerà sensibile a eventuali bruciature. Per evitare tale problema, serve un locale a bassa temperatura, come può essere il vano scale di un palazzo.
Per quel che riguarda le scottature, esse non sono altro che incrostazioni sulla superficie della pianta di colore chiaro, risultato dell’essiccazione del tegumento esterno, dovuta all’eccesso di luce: luce rispetto alla quale non è ancora riuscita ad abituarsi. Questi tessuti morti nelle piante giovani o che manifestano una crescita vigorosa si staccano facilmente, come se si trattasse di una pellicola, in virtù dell’aumento delle dimensioni del fusto sottostante; in presenza di una crescita lenta, invece, o di una pianta adulta, la scottatura molto probabilmente rimarrà per sempre. Vale la pena di concentrarsi, inoltre, sul drenaggio, peculiarità essenziale alla sopravvivenza del cactus. Da evitare sono i terreni compatti, troppo asfittici: impediscono alle radici, molto delicate, di respirare, e inoltre trattengono acqua in eccesso. La conseguenza è che la pianta marcisce e muore, spesso intaccata da muffe interne che tra l’altro danno vita a una massa puzzolente e molle. Al fine di migliorare il drenaggio del substrato, un’azione importante consiste nella rimozione delle polveri: basta disporre di un filtro a maglie fini e passarvi al setaccio il terriccio, sminuzzato e asciutto. Il substrato base può essere composto in parti uguali da sabbia di fiume e torba, o terriccio universale, che si acquista senza problemi in qualsiasi negozio di giardinaggio. Altrettanto efficace, comunque, può rivelarsi il ricorso a lava rossa e pomice, ricche di minerali: si tratta, però, di materiali reperibili solo in pochi vivai. Un aspetto da tenere particolarmente in considerazione riguarda l’annaffiatura: durante la bella stagione, il cactus può essere bagnato nel momento in cui il terriccio risulta asciutto. Se esso è sufficientemente poroso, basta lasciar trascorrere ventiquattro ore per essere sicuri che, quando in superficie è asciutto, anche sul fondo l’umidità è contenuta.
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L’esperienza, naturalmente, gioca un ruolo fondamentale nello stabilire la quantità di acqua necessaria, anche perché fornire regole universali è difficile a causa delle numerose variabili in gioco, dalla stagione al clima. Si può comunque precisare che un cactus situato in un vaso profondo al massimo dieci centimetri e di piccole dimensioni ha bisogno di un’annaffiatura al giorno, facendo attenzione, comunque, a evitare attacchi fungini. La somministrazione di acqua deve essere uniforme per tutto il terriccio: le radici, così, cresceranno senza troppe differenze, e in maniera omogenea. Nel caso in cui si bagni solo la superficie della pianta grassa, l’apparato radicale si svilupperà verso l’alto. Il ricambio di aria viene favorito dallo scorrere dell’acqua fino ai fori di drenaggio attraverso il substrato: l’acqua che fuoriesce nel sottovaso ha l’utile funzione di smaltire i minerali in eccesso presenti nel terreno. Anche l’età rappresenta un fattore che incide sul fabbisogno di acqua del cactus: le piantine giovani nate da un seme, i cosiddetti semenzali, necessitano infatti di un substrato umido per almeno le otto settimane seguenti rispetto alla nascita.
Nel momento in cui esse si irrobustiscono, il substrato può essere lasciato asciugare tra le annaffiature, specialmente dopo la comparsa delle prime foglioline o delle prime spine. Con l’approssimarsi dell’inverno, la pianta entra in un periodo di quiescenza o riposo, e smette di crescere: durante questo periodo non deve essere quasi mai annaffiata, fino alla ripresa vegetativa che si verifica in primavera. Nel caso in cui si tratti di una specie che riesce a resistere al gelo, può essere lasciata all’asciutto all’aperto.
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